Mercoledì 22 novembre si è tenuta la riunione del Consiglio Direttivo di FeLCeAF con l'insediamento del nuovo presidente Dott. Aurelio Mosca.
Il Presidente nell'introdurre i lavori ha indicato all'attenzione dei componenti del Consiglio tre richiami presi dal testo "Sette lettere per Milano" dell'Arcivescovo Delpini che riportiamo. Ha infine concluso il suo intervento introduttivo con la condivisione del testo che riportiamo preso dalla riflessione tenuta in occasione del Convegno svoltosi il 18 novembre scorso in occasione della 3^ giornata nazionale CEI dedicata alle vittime degli abusi .
Dalle "Sette lettere" :
“So però che, nella città dei ricchi, abitano uomini e donne che vivono la loro condizione come responsabilità di prendersi cura di tutti, di mettere a frutto i loro beni perché diventino beni comuni, producendo condizioni giuste di lavoro, opportunità di sviluppo per la città, solidarietà generosa con i poveri della città e i poveri del pianeta. Sono ispirati da un dovere di restituzione e le loro opere sono gradite al Signore"
"Lo Spirito di Dio ha suscitato in città innumerevoli e ammirevoli iniziative di solidarietà che spesso sono diventate servizi stabili, intelligenti, lungimiranti. Ogni situazione di bisogno ha trovato nella comunità cristiana una fraterna comprensione, una condivisione pronta a dare un aiuto, ad accompagnare cammini di inserimento, di promozione per una vita degna e autonoma". Tuttavia, "le risorse limitate e la complessità delle storie personali lasciano in città troppa miseria e troppa desolazione"
"Ho però anche avvertito un velo di tristezza, segni di malumore, forme di scoraggiamento e di stanchezza. Si lamenta infatti la riduzione del numero dei volontari, si constata l’elevarsi dell’età e le scarse prospettive per il necessario ricambio generazionale. Si registrano inoltre situazioni sociali sempre più complesse, uno scoraggiante aumento delle necessità, un panorama di povertà inedite. Si constata che le istituzioni rivelano inadeguatezze e disattenzioni”
Dalla riflessione "La Bellezza ferita" (3^ giornata nazionale CEI per le vittime di abusi):
Ci è chiesto
di vivere la pietà negli occhi,
di esprimere la dolcezza nelle parole, di compiere la tenerezza nei gesti.
Ci è chiesto
di rassettare ciò che è logoro, raccogliere ogni vita,
perché nulla vada perduto.
Ci è chiesto
di non disperarci nei terremoti e nel buio di prendere in prestito la luce dei giorni a venire.
Ci è chiesto
di parlare solo quando la vita non riesce ad esprimersi
e il fuoco non basta.
Ci è chiesto di perdonare
perché Dio ci ha perdonato per primo.
Ci è chiesto
di usare solo l’amore,
il più mite, il più lieve e gentile, per vegliare la libertà
di ogni essere umano.
Ci è chiesto
un amore delicato e rispettoso,
un amore che non opprime ma libera, sapendo che non abbiamo potere su quello che amiamo
Ci è chiesto
di non tradire la parola sacra,
che la fatica e il dolore di tanti
hanno portato fin qua,
e di quella parola non farne un potere.
Ci è chiesto
di non costruire recinti intorno alla gente, sapendo che Dio cresce nel cuore dell’uomo come cresce un fiore.