Lo scorso 23 novembre Anna Maria Franco, direttrice del consultorio “Centro per la famiglia onlus” di Sesto San Giovanni (MI), è stata invitata al Consiglio pastorale della diocesi di Milano, per parlare di famiglia.
“La famiglia è una buona scuola per qualsiasi materia”: è stato intitolato così il suo intervento, nel quale ha portato tutta la propria esperienza maturata in consultorio.
“Mi colpisce come l’attività di consultorio non sia prettamente attività pastorale, eppure le persone - raccontandosi - mi parlano di Dio, anche se non lo nominano mai” spiega Anna Maria Franco. “E’ come quando parlo ai corsi fidanzati: affrontiamo il tema dell’indissolubilità del matrimonio e vedo quanto questo concetto faccia paura alle nuove generazioni”.
Lo si desidera, ma si teme di dire “per sempre” …
Eppure “per sempre” risponde a quel desiderio del cuore che ogni fidanzato e fidanzata sperimenta e che la tradizione della fede ha fatto diventare un sacramento indissolubile, semplicemente perché è già così nell’aspettativa di chi ama. Questa è una delle tante contraddizioni del nostro tempo che ho messo in evidenza.
Quali altre?
La famiglia stessa è luogo di contraddizione. È il luogo dove ci sono tutti i presupposti perché nella tua vita germogli il bene, ma è anche il territorio dove vanno in scena le più grandi incomprensioni e sofferenze, talvolta addirittura soprusi e violenza.
In che modo le caratteristiche del tempo moderno incidono sul concetto di famiglia?
Siamo nella società post-industriale, post-moderna. Questo “post” ci fa sentire sempre fuori e mai dentro. Non è il tempo di qualcosa di definito. Siamo in un periodo non definibile, in continua accelerata. Non si dà tempo di desiderare, di attendere… sono saltate anche le coordinate spazio-tempo. E questo incide sulla famiglia. Sono tante le “trappole” in cui le famiglie oggi rischiano di cadere.
Ce ne dice qualcuna?
Di fronte a un problema di coppia, la tendenza è quella di scappare, piuttosto che agganciarsi e tentare di risolverlo insieme. Si crede alla vita di coppia solo se impregnata di un amore romantico, a tutti costi. Poi paradossalmente ci si dimentica dell’aspetto sessuale, su cui le coppie di oggi fanno molta fatica.
Cioè?
La coppia è oggi nella quotidianità così freneticamente impegnata in molteplici attività e rischia di scordarsi dell’importanza di dedicare tempo allo scambio anche nella vita sessuale. Nella sopravalutazione dell’aspetto romantico dell’amore, la coppia oggi rischia il sovrainvestimento sulle parole e sul dialogo.
È una cosa bella! Cosa c’è che ne non va?
Tante parole spese, magari buttate lì… ma non significa realizzare uno scambio comunicativo efficace. La comunicazione non può essere spontanea, senza filtri. È un’arte in cui continuamente pensi e modifichi il pensiero. Occorre sapere se, come e quando parlare. E ovviamente se, come e quando tacere. Un abate del Settecento diceva: i pazzi hanno il cuore in bocca; i saggi hanno la bocca nel cuore.
C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. E che dire del tempo di generare?
Questo è un altro grande tema che abbiamo affrontato in consiglio pastorale. Generare non è solo la capacità di mettere al mondo figli, ma è aprirsi anche a progetti di coppia e di famiglia, dandosi una prospettiva che esca dall’individuale e privato e vada verso il mondo. Anche generare figli non è solo una vicenda privata.
Ultimamente assistiamo a una ridotta capacità di generare, sia per sterilità sia per mancanza di fecondità su questo aspetto da lei indicato…
Eppure le coppie che reggono meglio – e sono più felici – sono quelle che hanno saputo collocare lo sguardo oltre il confine di casa propria. Anche generare figli non è solo una vicenda privata. Generare è donare la vita.
Come imparare allora a fare il genitore?
In consiglio pastorale ho raccontato che diventare genitori è un po’ come partecipare a Masterchef. Siamo tutti principianti quando cominciamo, nessuno è esperto. Man mano che vivi l’esperienza da genitore, impari preparare pietanze e ad allestire un pranzo semplicemente con gli ingredienti che hai. La famiglia va pensata non come un’entità ideale, ma una realtà concreta.
Qualche volta sbagliamo modo di pensare alla famiglia…
E un po’ come quando torni a casa e ti domandi “che si mangia?”. Pensiamo alla cena aprendo il frigo. A volte noi cristiani cadiamo nella tentazione di dire grandi cose della famiglia, ma parlandone nella sua idealità; quasi mai facciamo la fatica di partire da ciò che c’è nel frigo. Nel nostro lavoro in consultorio incontriamo famiglie concrete, non ideali, e impariamo a valorizzare quel che c’è. Forse un po’ meno idealità e più concretezza servirebbero anche nel lavoro pastorale. Occorre accompagnare a fare famiglia con quello che c’è nel frigo.
Quanto è preziosa invece la famiglia vera, quotidiana…
Eh già. In famiglia si impara praticamente tutto, l’inizio, il generare e la fine delle cose: impari ad affrontare anche il lutto e tutte le separazioni; impari ad accettare le difficoltà, superare i limiti e accettare quelli degli altri, vincere lo sconforto, affrontare i fallimenti e le rotture, essere liberi, seguire con slancio le inclinazioni del cuore al bene, donare-per (perdonare). Tutto questo è straordinario: dobbiamo lasciarci incantare da questa realtà e solo così appassionati a questa famiglia concreta sapremo incantare.