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È responsabile dell’Area Minori Stranieri Non Accompagnati presso Farsi prossimo scs, una Cooperativa, promossa da Caritas Ambrosiana, che ha un ruolo non solo nella gestione delle accoglienze, ma anche in tutti i servizi a supporto della presa in carico (servizio sociale, consulenza legale, mediazione, psicologo, servizi per integrazione). Giovanni Romano è nativo di Rho e nella sua città sta lavorando perché il consultorio sia sempre più inserito nella rete territoriale.

Giovanni, quanto la tua esperienza passata ha segnato il tuo modo di lavorare?

Tantissimo. Ho sperimentato concretamente l’importanza delle collaborazioni, sia per fare sempre meglio quello che ciascuno sa fare, sia per costruire insieme risposte più adatte ai bisogni delle persone.

Che tipo di realtà ha trovato a Rho?

Di fatto la Fondazione ha sempre gestito, come unico servizio, il Consultorio, raggiungendo obiettivi molto buoni per quanto riguarda la qualità delle prestazioni erogate. Ho quindi trovato una realtà che svolgeva molto quanto previsto dal contratto con ATS ma che aveva dei limiti, anche per ragioni legate al tempo e alle risorse disponibili, nell’apertura al territorio e nella capacità di costruire e consolidare reti di collaborazioni.

Da dove è partito allora?

Dalla conoscenza della città, i bisogni delle persone. Dovevamo cominciare a tessere nuove relazioni, creando alleanze funzionali, confrontandoci, a partire da alcune realtà più connesse al sistema di riferimento del consultorio.

Ad esempio?

A Rho è molto attiva una polisportiva legata a un oratorio che lavora nell’ambito del sostegno alle famiglie con ragazzi e ragazze portatori di handicap. Con loro e con la Cooperativa Intrecci, abbiamo realizzato dei progetti molto interessanti in questi tre anni sostenuti da Fondazione Nord Milano e da Regione Lombardia attraverso il Bando per il Terzo settore.

Nel frattempo avete consolidato i rapporti anche con l’amministrazione comunale…

Esatto. Il comune si è fatto promotore di un’alleanza con altri soggetti: cooperative La Fucina, Intrecci, Lotta contro l’emarginazione e Arca di Noè, Associazione Comunità Nuova e Uonpia  ASST-Rhodense. Ne è nata una proposta che ha ricevuto il sostegno di Fondazione Cariplo –Bando Attentamente.

Un ottimo risultato!

Già, abbiamo strutturato un progetto biennale in favore dei preadolescenti e adolescenti, in cui diversi soggetti del territorio hanno creato azioni e servizi a sostegno di questa fascia d’età.

Che esiti ha avuto?

Siamo riusciti a raggiungere ragazzi e ragazze attraverso nuovi canali comunicativi, ad offrire spazi di ascolto dedicati, a rafforzare i legami tra gli adulti di riferimento proponendo la sottoscrizione di un patto educativo di comunità. L’abbiamo chiamato “Patti chiari” e nelle prossime settimane verrà sottoscritto da scuole, parrocchie, Servizi, associazioni e cooperative scuole della città e Amministrazione comunale

In seguito è arrivata la sperimentazione Centri per la famiglia, giusto?

Sì, abbiamo scelto di partecipare, nonostante le nostre piccole dimensioni proponendoci come Capofila di un partenariato molto rappresentativo del mondo dei sevizi alla persona; mi riferisco all’Azienda Speciale Consortile Sercop, al Consorzio Cooperho AltoMilanese e alla cooperativa Stripes. Si tratta di un servizio del tutto nuovo, iniziato il 1° luglio 2024. Un’altra bella opportunità per solidificare relazioni.

In questi anni avete aderito a tantissimi progetti. Quale obiettivo vi siete dati?

La linea è quella di accogliere il più possibile le richieste di collaborazione con l’obiettivo di tessere nuove relazioni e far crescere la Fondazione nel suo essere  sempre più un riferimento per le persone della città.

Quali sono le realtà con cui faticate di più a lavorare?

Esiste un'altra dimensione della rete, quella dei servizi specialistici (CPS, Uonpia, Serd…), fondamentale per il lavoro specifico del Consultorio ma che spesso fatica a consolidarsi, nonostante le buone intenzioni di ciascuno soprattutto per il livello saturazione in cui versano diversi servizi pubblici. Confidiamo però di consolidare anche questi rapporti così come avvenuto con l’Ospedale o con il Centro Antiviolenza.

Non avete la sensazione che a volte ci siano troppi enti che si occupano più o meno degli stessi ambiti di intervento?

Sì, a volte il rischio è quello di non riuscire a valorizzare e ottimizzare le risorse del territorio proprio per mancanza di coordinamento. Ecco perché occorre confrontarsi, ragionare insieme, mettersi a disposizione per ciò che serve veramente e costruire insieme.

La Fondazione fa parte di una rete più ampia, che è quella di FelCeAF. Quanto conta questa relazione?

Tantissimo. Per me in particolare, che vengo da un ambito socio-educativo, ma non socio-sanitario, la possibilità di confrontarmi al CTO, il tavolo dei Direttori dei Consultori, è stata fondamentale. FeLCeAF, inoltre, riesce a portare con grande credibilità a livello politico istanze che nascono dalle varie realtà consultoriali. Un ruolo imprescindibile, che nessun singolo ente riuscirebbe a ricoprire.

 

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