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Giuseppe Tarantino, originario di Copertino (Le), è direttore della Fondazione “La Casa di Varese” dal 2014. Di formazione psicologo psicoterapeuta, è sposato con Francesca e ha tre figli, lavora a La Casa dal 2006, quando si occupava di consulenze rivolte a singoli, coppie e gruppi.

Parliamo subito delle peculiarità della vostra realtà. Se dovesse individuare un aspetto significativo da sottolineare, che cosa sceglierebbe?

Fondazione La Casa ha al proprio interno un’equipe multidisciplinare formata da 30 professioniste e professionisti, supervisionati dalla Prof.ssa Emanuela Saita, docente dell’Università Cattolica di Milano. Con il tempo l’equipe generale è stata suddivisa in quattro sottogruppi di lavoro focalizzati sugli adolescenti e gruppi, sulle scuole, sui minori e sul percorso nascita. Nello specifico l’equipe del percorso nascita, supervisionata dalla dott.ssa Bramante, si è specializzata sulla psicopatologia perinatale. Infatti, nel 2016 dopo una formazione, organizzata dalla Fondazione che ha coinvolto i diversi professionisti del polo ospedaliero e territoriale di ASST Settelaghi, abbiamo validato un protocollo che ci sta permettendo di effettuare screening alle future mamme, papà e neogenitori che effettuano i nostri percorsi pre, post parto e le visite ambulatoriali in gravidanza.

Progetto interessante. Che cosa ne è emerso?

Da questo intervento è generato un progetto denominato “Dolcemente Mamma e Papà”, dove, individuate le situazioni critiche, avviamo i percorsi di sostegno o di psicoterapia. I dati raccolti sono analizzati dall’Università Cattolica e questo ci sta consentendo di coniugare la parte clinica con la ricerca, formulando un modello clinico validato scientificamente.

Perché questo progetto? Ci spieghi meglio.

Da tempo registravamo il 40% di drop out tra le donne che si rivolgevano a noi per i percorsi di accompagnamento alla gravidanza e al post-parto. L’inserimento dello screening di prevenzione sui fattori predettivi della depressione pre e post-parto, ci ha permesso di individuare diverse future mamme in difficoltà che, percependosi “sbagliate” rispetto alle altre con gravidanze “più fisiologiche”, abbandonavano i percorsi.

Che cosa avete deciso di fare?

Abbiamo costituito l’equipe perinatale ed intercettato il disagio, ci prendiamo cura delle mamme e dei papà attraverso l’attivazione di percorsi di psicoterapia e/o psicoeducativi finalizzati a supportarli in questa fase così delicata. Inoltre, l’implementazione di una rete sul territorio ci sta premettendo di attivare delle corsie preferenziali sulle situazioni più critiche.

Che progetti futuri avete, a questo proposito?

Ora il prossimo progetto, in sinergia con l’Ospedale del Ponte, sarà quello di attivare uno screening sulla diagnosi prenatale e dove richiesto una presa in carico alle coppie a cui sono state diagnosticate anomalie cromosomico/genetiche fetali.

La Fondazione, che lei dirige, gestisce un Centro per la Famiglia, di cui è ente capofila…

Sì, esatto. Si tratta di una sperimentazione che abbiamo avviato nel 2022 e ci sta permettendo con i nove sportelli presenti sul territorio ed il coinvolgimento dei Decanati di Varese, Valceresio, Azzate e Tradate, degli Uffici di Piano di Varese, Azzate e Arcisate, delle Case di Comunità di Varese e Tradate e di alcune associazioni del terzo settore, tra cui Mamme in Cerchio e la Cooperativa Sociale il Sorriso, di essere antenne sul territorio, riappropriandoci della parte preventiva. La maggior parte delle prese in carico in consultorio sono altamente complesse, con un significativo grado di psicopatologia.

Qual è il lavoro degli operatori?

Gli operatori che operano negli sportelli si occupano di accogliere, ascoltare ed orientare la domanda sui servizi del territorio dei seguenti target: minori, adolescenti, giovani adulti e i loro familiari, caregiver degli anziani e neogenitori. Vengono date indicazioni ai cittadini sui servizi presenti sul territorio e sono fornite informazioni sui percorsi di mediazione familiare alle coppie in fase di separazione. Il progetto del Centro Famiglia è nato grazie alla significativa sinergia con il Decanato di Varese, di cui – come dichiarato nello statuto – siamo espressione. Infine, oltre all’attività ordinaria di consultorio e del Centro Famiglia, dal 2024 abbiamo istituito un ambulatorio privato a tariffe calmierate, che ci sta permettendo di intervenire in ambito psicosociale sulla riduzione delle liste d’attesa e di inserire la figura dello psichiatra.

La vostra è una Fondazione molto particolare, perché federata con FeLCeAF, ma è anche associata a UCIPEM (Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali). Ci può spiegare in che cosa consiste questa peculiarità?

In realtà, oltre a noi, anche il consultorio di Crema e quello di Como sono nella stessa condizione. Noi siamo associati ad Ucipem dal 1968 e a FeLCeAF dal 1987.Per chiarire il motivo di questa scelta, vi spiego brevemente la nostra storia. La nascita dei consultori è legata alla figura di don Paolo Liggeri, che nell’agosto del 1943, in una Milano devastata dalla guerra, fondò l’istituto “La Casa” con pochi ma generosi collaboratori, per soccorrere coloro che avevano perso tutto. Nel 1948 si diede vita ad un Consultorio prematrimoniale e matrimoniale di matrice cristiana. Da questa esperienza si diffusero in Italia altri consultori di questo tipo, tra cui il nostro a Varese, che fu inaugurato nel 1966 dal prevosto Mons. Enrico Manfredini che, ottenuto il permesso di don Liggeri, volle replicare l’esperienza dell’Istituto La Casa. Nel 1968 si costituì l’UCIPEM, che – divenuta un’associazione nazionale – oggi raggruppa 77 consultori familiari in 16 regioni.

In Lombardia quanti sono?

Sono 11 enti gestori tra fondazioni e associazioni, di cui 9 gestiscono consultori privati accreditati. Nel 2024 sono state erogate al S.S.R. 66.173 prestazioni, sono stati intercettati 15.894 utenti e raggiunti più di 15.000 studenti e studentesse attraverso i percorsi di promozione ed educazione alla salute, principalmente svolti nelle scuole e negli oratori attraverso i percorsi di educazione all’affettività. L’UCIPEM lombarda è presente su 5 Ats (Città metropolitana Milano, Insubria, Valpadana, Brianza e Montagna) e su 6 Diocesi (Milano, Como, Mantova, Cremona, Crema e Lodi).

Che differenza c’è tra UCIPEM e FeLCeAF?

L’ UCIPEM è nata prima di FeLCeAF e ha sempre assunto sin da subito uno sviluppo nazionale e di laicità. FeLCeAF è la Federazione lombarda nata per volere dei vescovi lombardi. Entrambe sono federazioni di ispirazione cristiana ed entrambe vivono dei fondamenti antropologici, per cui si accoglie in consultorio chiunque, perché la persona umana viene vista in accordo con la visione evangelica. Nella loro storia hanno avuto persone di grande carisma e competenza, basti pensare alla dott.ssa Alice Calori per UCIPEM e a don Edoardo Algeri per Felceaf che hanno permesso ai nostri consultori di essere protagonisti sui tavoli di lavoro indetti da Regione Lombardia. Nel corso degli anni FeLCeAF, rispetto ad UCIPEM, ha raggiunto dimensioni maggiori. Basti pensare che circa il 20% dei consultori lombardi esistenti è confederato a Felceaf ed ha una organizzazione interna maggiormente strutturata che permette di offrire una visione e una conoscenza «di sistema» dei bisogni delle famiglie.

Ha senso che esistano due federazioni così simili?

Un vecchio detto dice: “Per fare il pane buono ci vogliono due fornai”. Io credo che la pluralità di informazione consenta un maggior confronto tra soggetti e che il servizio per le famiglie ci permetta di marciare insieme in tutte le direzioni, a partire dai tavoli di lavoro attivati in Regione Lombardia. Vedo una bella sinergia tra UCIPEM e FeLCeAF e al di là delle appartenenze specifiche, siamo entrambe antenne sul territorio a servizio della famiglia.

 

 

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