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Che differenza c’è tra un centro d’ascolto e il consultorio familiare?

Ne parliamo con Chiara Biader, direttrice della Fondazione Edith Stein

Nel 2018 papa Francesco, dopo la pubblicazione della Lettera al Popolo di Dio sulle conseguenze degli abusi sessuali commessi su minori da chierici e persone consacrate, ha istituito i Servizi per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, per garantire a vittime di violenze e abusi l’ascolto e il sostegno necessario.

Nel 2019 la CEI ha emanato le “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili”, ossia le indicazioni per la costituzione dei Servizi Regionali, Diocesani, Interdiocesani per la tutela dei minori.

Nello stesso anno la commissione episcopale lombarda ha costituito il Servizio regionale Tutela Minori, presieduto da Mons. Antonio Napolioni e coordinato da don Tarcisio Bove.

Chiara Biader, direttrice della Fondazione per la Famiglia Edith Stein, è membro del Servizio regionale ed è stata invitata insieme a Don Tarcisio Bove ad un incontro con i referenti della pastorale familiare delle diocesi della Lombardia. L’obiettivo era quello di spiegare quali sono gli ambiti di intervento dei Servizi, di cosa si occupano e del modo in cui possono interfacciarsi con la pastorale familiare.

Don Tarcisio Bove ha illustrato le caratteristiche dei servizi diocesani e interdiocesani della Regione Lombardia che hanno costituito al loro interno, come luoghi di prima accoglienza, i “Centri di ascolto” finalizzati ad un primo ascolto delle persone che vi si rivolgono per segnalare situazioni o esperienze di abuso.

“L’incontro è stato l’occasione in cui è stata illustrata la differenza tra un centro d’ascolto diocesano e i consultori familiari” spiega Chiara Biader. “Il centro d’ascolto diocesano è un servizio dove vengono raccolte denunce, richieste di confronto e informazioni su situazioni considerate “critiche” verificatesi in contesti ecclesiali (Parrocchie, oratori, scuole cattoliche…). Le segnalazioni vengono poi analizzate da un’equipe di esperti che per la verifica della necessità di un’indagine che riguardi fatti e persone che rientrano nella giurisdizione del diritto canonico. Per le situazioni che coinvolgono nei comportamenti critici o a rischio persone che non rientrano in tale giurisdizione (laici) vengono date indicazioni e invitate a rivolgersi o inviate, nel caso di consenso diretto, ai servizi ed enti competenti sul territorio.

E per quanto riguarda invece i consultori familiari?

“I consultori familiari di ispirazione cristiana, espressione e animati dalla volontà delle comunità ecclesiali, se ed in quanto accreditati con Regione Lombardia svolgono una funzione di “servizio pubblico”, aperto e senza vincoli ideologici o identitari di appartenenza, in rete con il sistema di welfare pubblico e privato non-profit secondo le norme del diritto civile, di famiglia e penale. C’è differenza nel parlare di tutela minori all’interno dei Servizi diocesani e parlarne invece con servizi che svolgono una funzione pubblica. Nell’incontro con i referenti diocesani queste differenze e specificità sono state spiegate sottolineando il carattere di complementarietà e necessaria integrazione delle diverse responsabilità e funzioni che non si sostituiscono o suppliscono condividendo l’attenzione e l’interesse prioritari per la tutela dei soggetti più deboli e vulnerabili”.

Perché è necessario fare queste precisazioni e queste distinzioni?

Innanzitutto perché non sono affatto chiare. Spesso i consultori di ispirazione cristiana sono scambiati per centri di ascolto che hanno una funzione più pastorale senza obblighi precisi, ma non è così.

 Inoltre risulta essenziale distinguere gli ambiti di impegno, per fare prevenzione insieme nel modo più opportuno. La parola più sottolineata in questo incontro, è stata proprio la prevenzione.

Quanto è importante a questo punto la formazione delle persone che operano in questi ambiti, anche come volontari?

La formazione di chi vive e opera nelle realtà che svolgono una funzione pastorale e formativa in contesto ecclesiale è fondamentale, perché l’attenzione, la sensibilità, l’appropriatezza di interesse e collaborazione con i consultori e con i vari servizi diocesani possano crescere ed essere sempre più diffuse superando diffidenze, sospetti e connivenze sbagliate. In secondo luogo per focalizzare i bisogni, individuare criticità, promuovere e approfondire conoscenze sul tema dell’abuso ma, soprattutto, per promuovere relazioni positive finalizzate al bene dei bambini e dei ragazzi che ci vengono affidati.

 

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